- il ruolo chiave del
servizio pubblico di istruzione, che, in qualità di sistema educativo
formale, ha avuto attribuito il compito, secondo i vigenti provvedimenti
normativi di riforma, di armonizzare i percorsi possibili del bambino
per il raggiungimento delle competenze, i quali si snodano, come è
noto, anche e soprattutto attraverso i sistemi educativi non formali
(opportunità offerte dal territorio) e informali (la famiglia, il
gruppo dei pari);
- la continuità
verticale nel curricolo, che deve diventare un pratica, un valore
fondante dell’intero ciclo. I contenuti delle Indicazioni nazionali
sono strutturati secondo la logica della continuità e progressività,
necessaria per la strutturazione di un curricolo organico lungo
l’intero corso di studi;
- l’unità
dell’insegnamento, idea che si oppone alla “secondarizzazione” della
scuola primaria. Ogni atto di insegnamento/apprendimento coinvolge
sempre diverse prospettive disciplinari, secondo una chiave di lettura
ologrammatica che rifiuta la pratica dello specialismo
nell’insegnamento e la dicotomia conoscenza/valore;
- la laborialità
nell’insegnamento, che presuppone una didattica in cui il legame tra
teoria e pratica diventa imprescindibile e in cui la pratica
dell’azione riflessiva acquista una dimensione strutturale;
- la personalizzazione
dell’apprendimento, che comporta, per l’insegnante, la necessità di
andare oltre la prospettiva dell’individualizzazione (insegnare le
stesse cose con tempi diversi adatti a ciascun bambino) per permettere
a ciascun alunno di attribuire significato in modo personale e
responsabile ai propri apprendimenti scolastici, affinché questi si
trasformino in competenze all’interno di un percorso scolastico per la
vita.